di Greta Gerwig
2017
Vedere questo film mi ha
fatto ripensare alla mia adolescenza...e mi ha fatto tirare un
respiro di sollievo per averla superata ed esserne ormai “fuori”.
Certo, adesso sono nell'infausta fase quando-ti-sposi?/
quando-farai-un-
figlio?/tic-tac-il-tempo-passa-e-non-sei-più-giovane, ma questa è
un'altra storia.
Lady Bird –
pluricandidato agli Oscar per migliore attrice protagonista (Saroise
Ronan), miglior film, migliore attrice non protagonista (Laurie
Metcalf), miglior sceneggiatura e miglior regista – mostra in
maniera disillusa e sincera la delicata fase di passaggio dall'ultimo
anno di liceo all'università della protagonista, Christine
MacPherson, per tutti “Lady Bird”.
In America, è noto,
l'ultimo anno di scuola costituisce un momento di forte stress,
soprattutto per gli studenti che ambiscono a entrare nelle più
prestigiose università: si deve avere un'ottima media, si devono
avere molti crediti extra e si devono compilare i moduli di
ammissione (sperando anche in una borsa di studio o un prestito),
restando poi in ansia per mesi, prima di ricevere le tanto agognate
lettere con il responso.
Se, oltre a ciò, si
aggiungono anche le prime deludenti esperienze amorose, il timore di
“fare da tappezzeria” al ballo di fine anno, gli scontri con i
professori e una famiglia ben lontana da quella del perfetto
prototipo americano, ecco che Lady Bird sembra la tipica adolescente
americana ribelle e desiderosa di libertà.
La ragazza non è nemmeno
perfetta: ha una media scolastica nella norma, ha pochissimi amici
(anzi, una sola confidente), scruta con curiosità i compagni
popolari e cerca di affermare la sua personalità stravagante
imponendo a tutti il suo soprannome “Lady Bird”, che deriva dalla
sua passione per i costumi con la testa a forma di pennuto.
Anche la sua famiglia non
è eccelsa: la madre Marion ha un rapporto conflittuale con la figlia
e non fa altro che riversare i problemi economici su Lady Bird,
cercando di disilluderla sulla sua ambizione di studiare a New York;
il padre Larry, disoccupato e depresso, si vede soffiare un'offerta
lavorativa dal figlio Miguel, un ragazzo adottato dai MacPherson e
con il quale Lady Bird litiga spesso.
Eppure, Lady Bird non è
anonima e omologata come i suoi coetanei: nella sua originalità è
ambiziosa, decisa, cinica quanto basta, ironica e mossa dalla voglia
di evadere da Sacramento (California) per andare a New York e
lasciarsi alle spalle la scuola cattolica che le è stata imposta dai
genitori.
Greta Gerwig ci propone
un'antieroina che è lungi dall'essere legata agli stereotipi
hollywoodiani. Il film rispecchia perfettamente la sua protagonista:
senza fronzoli, consapevole e privo di sentimentalismi melensi.
Si cresce e si matura, ma
nuove sfide ti faranno sentire impreparato. I conflitti con i
familiari possono affievolirsi, ma non potrai cambiare il carattere
delle persone. Ci si può migliorare, ma la perfezione non esiste. Si
possono raggiungere i propri obiettivi, ma con fatica e impegno.
Coltivare i propri sogni è lecito, ma bisogna scontrarsi con i
problemi della quotidianità.
Tutto questo vale per
Lady Bird e gli adolescenti in generale, ma anche per i genitori e
gli adulti.
Lady Bird ricorda
allo spettatore che siamo stati tutti adolescenti con la voglia di
fare e disfare, scappare lontano da casa, verso la libertà e che
ognuno, in fondo, ha sempre pensato di non voler diventare, da
grande, uguale ai propri genitori.
Un film che, nella sua
semplicità, induce a una profonda riflessione sull'influenza che ha
su ognuno di noi il carattere dei genitori.