Il romanzo che ho tra le
mani, e che ho appena finito di leggere, viene da molto lontano.
Quest'opera è frutto della vita travagliata e al contempo brillante
di una donna di grande intelletto. Il manoscritto ha attraversato la
Seconda Guerra Mondiale ed è rimasto chiuso in una valigia per
decenni, finché la figlia dell'autrice si è decisa ad aprirla per
visionarne il contenuto.
Si tratta di Suite
Francese di Irène Némirovsky
(1901-1942). Figlia di un ricco banchiere ebreo di Kiev, Irène
passerà l'infanzia tra una vita agiata e numerose fughe
(dall'Ucraina alla Russia, dalla Finlandia alla Svezia e, infine, la
Francia) a causa dei Soviet che perseguitarono il padre.
Trova
una stabilità a Parigi, dove si laurea alla Sorbona, iniziando a
scrivere, giovanissima, racconti e romanzi. Introdotta nei salotti
letterari francesi, donna colta e poliglotta, sposerà un ingegnere
russo e si convertirà al cattolicesimo. Diviene una scrittrice in
lingua francese affermata e riconosciuta, ma questo non le basterà
per ottenere la cittadinanza francese, che il governo Vichy della
Francia occupata dai nazisti le rifiutò.
Sarà
vittima, come migliaia di ebrei, delle leggi antisemite e costretta a
portare la stella gialla cucita sugli abiti. Subirà la censura e le
sue opere non saranno più pubblicate. Il tragico epilogo,
nell'estate del '42, quando sarà deportata ad Auschwitz, dove
morirà, probabilmente per malattia, il 17 agosto. Analoga sorte per
il marito, che verrà deportato in ottobre nello stesso campo di
sterminio e ucciso nelle camere a gas. La coppia riesce a salvare le
due figlie, Denise ed Elisabeth, affidandole a una coppia di amici e
cambiando loro identità.
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