Indiana Smith, questo il
nome inizialmente pensato per l'archeologo del grande schermo famoso
in tutto il mondo. Poi, George Lucas (l'autore) e Steven Spielberg
(il regista) ci hanno ripensato e hanno deciso di battezzarlo Indiana
Jones.
Tom Selleck, invece,
l'attore scelto per la parte. Almeno, all'inizio. Selleck è
vincolato dal contratto per la serie tv che sta girando, Magnum
P.I., quindi non può recitare
per altre produzioni. Si opta allora per l'emergente Harrison Ford,
lo Ian Solo di Guerre Stellari,
di cui Lucas è ideatore e regista.
Un
uomo rude ma di bell'aspetto, eroe umano con alcuni difetti, cinico e
disincantato quanto basta, colto professore poliglotta e avventuriero
archeologo, cacciatore di reperti mitici. Cappello, frusta e tracolla
sono gli accessori che lo indossa per sconfiggere il cattivo di
turno. Il tutto condito con l'inconfondibile leitmotiv curato da John
Williams. Gli ingredienti per una saga di successo ci sono tutti,
tanto che a oggi siamo a quattro film: I predatori
dell'arca perduta (1981),
Indiana Jones e il tempio maledetto (1984),
Indiana Jones e l'ultima crociata
(1989) e Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo
(2008).
Vi
dico già da subito che chi scrive è una purista della serie, che
rimarrà nella mia mente una trilogia: associo difficilmente il
quarto capitolo della saga ai primi tre episodi, perché da piccola
sono cresciuta a “pane e Indiana Jones” e quindi per me Indiana
non può invecchiare. Ho visto e rivisto una quindicina di volte
circa ciascuno dei primi tre film, mentre il quarto solo due volte e
non mi cattura come i suoi predecessori.
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