di Claude Barras
2016
Preparate i fazzoletti
perché questo film d'animazione vi farà sicuramente commuovere.
Dura poco più di un'ora, ma il prezioso capolavoro di Claude Barras
è un vero toccasana per l'anima.
Le atmosfere e le
fattezze dei personaggi create da Barras, che utilizza la tecnica
stop-motion, ricordano molto i lavori di Tim Burton, come The
Nightmare Before Christmas (1993) e Frankenweenie
(1984).
L'impatto visivo è
notevole: anche se gli ambienti sono cupi e grigi, ci pensano i
colori sgargianti con cui sono fatti i personaggi a rallegrare e dare
speranza.
Protagonista di questa
storia è un bambino di nome
Icare, che si fa chiamare da tutti “Zucchina”, nomignolo che gli
è affibbiato dalla madre. La donna passa le giornate a bere birra
davanti alla tv, mentre Zucchina gioca nella sua tetra cameretta con
gli unici oggetti che possiede: un aquilone, su cui ha disegnato la
sagoma del padre (che se ne è andato, abbandonandolo), e le lattine
di birra vuote che la madre getta a terra e che il piccolo utilizza
per fare costruzioni.
Nonostante
la pessima situazione in cui è costretto a vivere, Zucchina, come
ogni altro bambino farebbe, vuole bene sia alla madre che al padre
assente.
A
seguito di un incidente, il piccolo rimane però solo al mondo e
viene mandato in una casa-famiglia, con la promessa da parte del
poliziotto che ha seguito il suo caso di andare a trovarlo
regolarmente.
Nella
struttura si vive modestamente, eppure Zucchina può contare sul buon
cuore e la gentilezza della direttrice e della coppia di insegnanti
che vivono lì.
Poco
per volta, il piccolo Zucchina imparerà a conoscere gli altri
bambini ospiti, non senza qualche difficoltà iniziale. Come chiunque
abbia subìto un trauma o sia stato maltrattato, ciascun piccolo
ospite guarda con curiosità e timore il nuovo arrivato e, dal canto
suo, anche Zucchina all'inizio fatica a capire alcuni comportamenti
dei suoi compagni.
Poco
per volta, i bambini si aprono al nuovo arrivato, che inizialmente
appare ai loro occhi un po' strano poiché stringe in mano il suo
aquilone e una lattina di birra dicendo che sono tutto quello che
possiede di suo padre e sua madre.
Alla
malinconia di Zucchina si somma il racconto delle tristi vicende che
hanno portato ogni piccolo ospite nella struttura: chi ha i genitori
tossicodipendenti, chi in prigione e chi rimpatriati al Paese
d'origine, chi, ancora, ha subìto abusi.
Il
loro passato familiare condiziona il loro presente: Béatrice, che
corre alla porta speranzosa che la madre sia venuta a prenderla ogni
volta che sente un'auto arrivare, oppure Alice che ha gesti
ossessivo-compulsivi e nasconde coi capelli una cicatrice in volto
per le violenze subite dal padre, o ancora Simon che tende a essere
prepotente.
Zucchina
sembra finalmente trovare un po' di serenità: il buon poliziotto gli
fa visita regolarmente, il gruppo dei compagni si fa affiatato e
arriva una nuova bambina nella struttura, Camille (con un passato
terribile alle spalle), che fa breccia nel cuore del piccolo
protagonista.
Quando
però Camille verrà portata via da una perfida zia, che la vuole con
sé solo per percepire dei soldi, Zucchina e i piccoli amici
escogiteranno un piano per salvarla e che porterà Zucchina e
Camille stessi a un lieto fine inaspettato.
C'è
un persistente alone di tristezza che caratterizza tutto il film e
che fa provare dispiacere per tutti i piccoli abitanti della
casa-famiglia, poiché non ci sono sconti per nessuno, non importa
quanto piccoli siano. Mai il lieto fine è così atteso come per
questa storia, che lascia comunque la speranza, racchiusa
nell'intelligenza e nel candore dei bambini.
I
momenti più commoventi sono alleggeriti da scene divertenti,
soprattutto quando i piccoli ospiti discutono e danno opinioni su
cosa succede agli adulti quando fanno sesso e sull'anatomia femminile
e maschile. Nessuna favoletta della cicogna: questi bambini sono
pratici e concreti e non usano giri di parole come magari farebbero
altri cresciuti sotto una campana di vetro. In tal senso, un plauso
al regista per aver affrontato in questa maniera il tema della
sessualità.
La
mia vita da zucchina è stata realizzato impiegando due anni di
preparazione e lavoro, otto mesi di riprese fatte in sessanta set e
con oltre cinquanta pupazzi fatti a mano con la plastilina.
Questo
lavoro è valso due prestigiose nomination come miglior film
d'animazione, una per gli Oscar e una per i Golden Globe.
Un
film d'animazione che consiglio a tutti, soprattutto ai grandi.
Nessun commento:
Posta un commento