Ecco di seguito il secondo racconto che ho scritto in occasione del Make With Christmas Love Market e interpretato dal bravissimo Enrico Viscardi.
Buona lettura!
Ho freddo.
Sono ore che me ne sto seduto qui, cercando inutilmente di scaldarmi
seduto sulle grate di aria calda.
Le dita che
sbucano dai guanti rattoppati stanno diventando blu. O forse viola. O
forse di qualche altro colore. “Sei un bambino speciale”, mi
diceva sin da piccolo mia madre, quando si degnava di chiedermi come
stavo, chiamandomi da chissà quale località esclusiva, mentre la
balia reggeva la cornetta del telefono e mi puliva il moccio dal
naso. Ma io, in lacrime, non capivo perché i miei compagni ridessero
di me e non mi sentivo affatto speciale. Piuttosto, mi sentivo scemo.
Chiamiamo le
cose con il loro nome. Dire rosso anziché verde o verde anziché
marrone ed essere preso per un idiota, questo non è essere speciali,
questo è essere daltonici! E qualcuno, a sei anni, forse avrebbe
dovuto spiegarmelo!
Adesso che
sono cresciuto, cerco di scacciare via dalla mente quelle labbra
rosso fuoco, contratte a culo di gallina, che mi dicono cosa devo e
cosa non devo fare.
Mia madre,
un incubo ricorrente. Papà, quasi un santo. Quasi, perché se sposi
una donna-trofeo da esibire al golf club, poi non ti puoi lamentare
se non fa che pensare a se stessa. Lei e la sua lotta contro il tempo
che le affloscia le guance.
Le gambe
iniziano a formicolare. Cerco di allungarle ma subito me ne pento
perché sento ancora più freddo. Però, se le lascio incrociate
anche solo per un minuto di più, rimarrò bloccato qui a terra sul
marciapiede.
Me ne devo
andare prima che la via si svuoti. Sono arrivati alcuni tizi con
facce poco raccomandabili. Iniziano a tirar fuori stracci e giornali
dai grandi sacchetti di plastica che si trascinano appresso. Hanno
tutta l'aria di voler passare la notte qui, nella Galleria del
Centro.
I miei occhi
si sono ormai abituati alle luminarie. Luci verdi (o blu?), rosse (o
forse arancioni?), oro e argento, illuminano il cielo scuro. La città
luccica come il Paese dei Balocchi.
Lo
scalpicciare della gente nelle pozzanghere di neve sciolta diventa
sempre più frenetico. Sciami di stivali, scarpe da ginnastica,
mocassini, zampe di cani al guinzaglio per la passeggiata serale. Una
sfilata incessante mi passa sotto il naso. Non c'è persona, stasera,
che non avvinghi tra le mani almeno un pacchetto: chi regali piccoli,
chi enormi sacchetti griffati, non importa. Quello che conta è fare
felici i parenti, dalla nipote alla nonna, fino alla prozia di cui
non te ne frega niente ma che incontri una volta l'anno al cenone
della Vigilia.
La gente si
esalta davanti alle vetrine che trasudano Natale. I bambini
strattonano i genitori, stremati dalle compere, implorandoli di
comprare tutto quello che luccica e si muove al di là del vetro.
Sono
stordito. Grida, confusione, risate, ragazzini che corrono, neonati
che piangono, adulti al volante che si insultano e calcano la mano
sul clacson. Un paradiso, in confronto a quello che devo sorbirmi
ogni giorno a casa. Quelle labbra rosse che, quando non sono in una
clinica per un ritocchino, sputano ordini senza sosta. Bla bla bla
bla... ormai non la sto nemmeno più a sentire.
Ho freddo,
molto freddo.
Darei
qualsiasi cosa per una cioccolata calda, ma non ho un soldo.
Accidenti a
loro, che questa mattina sono rincasati prima del previsto. I miei
non sono mai arrivati puntuali alle recite scolastiche e alle mie
partite. E, invece, proprio quando mi stavo rilassando in camera mia
per affrontare il cenone serale, all'improvviso mi ritrovo quelle
labbra rosse contratte in una smorfia di disgusto che mi sorprendono
mentre mi fumo una canna steso sul letto.
“Bla, bla,
ma sei impazzito?? Una canna? Bla bla bla, un figlio drogato! Cosa
penseranno i miei amici, bla bla bla...” sbraitavano le rosse
labbra, che si contorcevano sputando insulti misti a preoccupazione
non tanto per 'il figlio drogato' ma per cosa ne potessero pensare
gli altri. Apparenza, nient'altro che apparenza, il mondo di mia
madre. Non l'avrei sopportata un secondo di più.
Così,
eccomi qua, al freddo e senza la minima idea di dove passare la
notte.
Pensare a
quelle labbra pompate rosso fuoco, che starnazzano ordini ai
domestici per ritrovare il sottoscritto, finito chissà dove, proprio
la sera del cenone, questo sì, che mi riscalda.
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