di Julie Otsuka
2012
Un libro breve, che nelle
sue poche pagine racchiude però decenni di storia ed eventi di cui,
personalmente, non ero a conoscenza. Venivamo tutte per mare è
un libro intenso e ricco di fatti che racconta le vicende di un
gruppo di ragazzine giapponesi giunte per mare nell'America dei primi
anni del Novecento.
La
grande dote narrativa dell'autrice le permette di raccontare tramite
un'unica voce corale una moltitudine di vicende che riguardano
numerose ragazze, dando al lettore molti dettagli e informazioni
sulla vita di tutte loro, senza tuttavia entrare nei dettagli di
nessuna di loro.
Di
queste ragazze sappiamo che salpano dal Giappone per raggiungere i
loro futuri mariti (che hanno visto solo in fotografia), compatrioti
che già vivono e lavorano in America e che hanno, a detta loro,
raggiunto già una posizione sociale. Lo sguardo dell'autrice ci
permette di cogliere le loro aspettative, le loro emozioni e le loro
paure: hanno abbandonato il villaggio natìo per andare in un nuovo
continente di cui non conoscono la lingua e le usanze. Nelle loro
teste ronzano i consigli delle madri, che le hanno educate
all'obbedienza e all'essere docili con i futuri mariti.
Al
loro approdo negli Stati Uniti, però, il primo trauma: ad attenderle
al porto non ci sono quei bei giovani affermati che hanno rimirato
nelle fotografie, bensì uomini consumati dal duro lavoro nei campi e
nelle piantagioni che vivono in totale povertà.
Le
ragazze non hanno nemmeno il tempo di realizzare che sono state
ingannate da famigerate agenzie di matrimonio, che arriva per loro il
secondo trauma: un matrimonio lampo e la prima notte di nozze. Poche
sono le fortunate andate in sorte a un uomo gentile; la maggior parte
di loro viene brutalizzata e portata in un campo di raccolta di
frutta o verdura a lavorare senza sosta sotto le direttive di un
latifondista, mentre altre vengono impiegate come prostitute e altre
ancora condotte in case lussuose per diventare le domestiche di
qualche ricca signora “bianca”.
Accanto
a loro, uomini di cui non sanno nulla – solo che vivono in povertà
– e che lavorano come muli dall'alba al tramonto.
Le
condizioni in cui vivono le ragazze condotte nei campi di raccolta
sono forse le peggiori: alcune di esse vivono in baracche e altre
ancora direttamente sotto gli alberi.
Ed è
qui che partoriranno i loro figli, mentre altre saranno rispedite al
mittente (ovvero le famiglie in Giappone) poiché non sono in grado
di garantire al marito una prole.
Passano
gli anni e queste ragazze sono ormai donne. Alcune di loro sono
riuscite a trovare un punto di incontro con gli sconosciuti che hanno
sposato, altre invece continuano a considerarli tali.
Nel
frattempo molte di loro, con fatica e sacrificio, sono riuscite ad
aprire una piccola attività con il marito e si sono create una
posizione di rispetto nel quartiere degli immigrati, vivendo comunque
in maniera morigerata.
Non
dimentichiamo che siamo nell'America razzista e intollerante dei
primi decenni del Novecento: i giapponesi devono subire gli stessi
trattamenti degli afroamericani e di tutte le altre minoranze.
Nonostante
le avversità quotidiane cui queste donne forti devono far fronte,
tra le difficoltà economiche, la sottomissione ai mariti e la
ribellione dei figli ormai grandi che vogliono vivere
all'occidentale, molte di loro riescono a costruirsi una vita quasi
normale tra lavoro e famiglia.
Eppure,
l'imprevisto è sempre dietro l'angolo: questa volta sarà un evento
di portata storica a cambiare radicalmente quella vita tanto
faticosamente conquistata. Nel dicembre del 1941, durante la Seconda
Guerra Mondiale in corso in Europa, l'America viene attaccata
dall'esercito giapponese nella battaglia di Pearl Harbor e gli Stati
Uniti entrano così in guerra. Da questo momento ogni migrante
giapponese stanziato in America, seppur con cittadinanza americana,
viene preventivamente deportato in campi di internamento siti per lo
più nell'entroterra occidentale.
Anche
le famiglie delle protagoniste del romanzo verranno costrette ad
abbandonare quanto con fatica erano riuscire a costruire per andare,
di nuovo, verso l'ignoto.
Si
conclude così un romanzo breve ma denso di storia, che consiglio
vivamente a tutti di leggere.
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