di Todd Phillips
2019
[contiene spoiler]
Se non daranno l'Oscar a
Joaquin Phoenix mi arrabbierò. E molto. La sua interpretazione in
Joker è a dir poco magnifica e struggente.
Al di là del legame che
il personaggio ha con il mondo dei fumetti e dei super-eroi – mondo
che, personalmente, non mi ha mai attirato (ma, del resto, de
gustibus non est disputandum) – questo film rappresenta un
capitolo a sé che chiunque può guardare anche senza saper nulla
riguardo Batman e compagnia bella.
Lo scopo del regista è
di raccontare le origini di Joker, acerrimo nemico di Batman, eppure
la storia della trasformazione di Arthur Fleck da psicolabile
emarginato a folle re del crimine di Gotham City è un racconto a sé
stante, che narra di emarginazione sociale, degrado urbano e
violenza.
Già dall'inizio si
percepiscono tensione e angoscia attorno al protagonista, un
aspirante cabarettista fallito di Gotham (oscura metropoli che
rappresenta la versione più torva dei bassifondi di New York) con
disturbi mentali che ripiega sul lavoro di clown per sopravvivere.
Immediatamente arriva la
prima scena di violenza selvaggia, con il pestaggio di Arthur, da
parte di alcuni teppisti, degno dei Drughi di Arancia Meccanica
(1971, Stanley Kubrick).
La
violenza sembra essere l'unico linguaggio per comunicare il malessere
delle fasce più povere della popolazione di Gotham, in cui ferve la
campagna elettorale per l'elezione del nuovo sindaco.
Il
candidato favorito è Thomas Wayne (padre del piccolo Bruce, futuro
Batman), ricco e sprezzante uomo d'affari presso cui in passato
lavorò a servizio la madre di Arthur, Penny.
La
donna, che vive insieme al figlio in uno squallido appartamento il
cui focolare è la tv perennemente accesa, scrive continuamente
lettere a Thomas Wayne, chiedendogli un aiuto economico e vive
ingenuamente nell'illusione che un giorno le risponderà.
L'unico
che si prende cura della madre in modo amorevole è Arthur che, tra
un incontro con lo strizzacervelli e squallide esibizioni da clown
che non fanno ridere nessuno, condivide con lei la passione per lo
show televisivo condotto da Murray Franklin. L'aspirazione di Arthur
è diventare un grande comico come Franklin. Arthur ancora non lo sa
ma, ben presto, diventerà molto più famoso di lui proprio grazie al
suo programma.
La
misera vita di Arthur non potrebbe andare peggio, dopo che sono stati
annunciati tagli ai servizi sociali e dovrà quindi rinunciare alla
sua terapia e ai farmaci.
Ma il
peggio arriva con il licenziamento: viene infatti scoperto con una
pistola durante un'esibizione per piccoli pazienti in ospedale e il
suo capo lo caccia. Di ritorno a casa sulla metro, Arthur viene
bullizzato da tre ragazzi in giacca e cravatta (una vera e propria
reincarnazione dei Drughi di Kubrick, a mio avviso) che lo pestano
selvaggiamente. Ma, all'improvviso, bang!
Arthur
spara senza pietà ai tre damerini e fugge, con il volto ancora
dipinto da pagliaccio per l'esibizione in ospedale. La polizia
diffonde l'identikit del misterioso assassino con il volto di clown
che, forte del fatto che i tre assassinati lavoravano per Wayne,
diventa subito il simbolo della lotta contro il candidato sindaco da
parte dei poveri di Gotham. L'assassino viene osannato come eroe dai
manifestanti, che indossano maschere da clown durante le sommosse.
Dopo
il triplice omicidio, Arthur guadagna fiducia in se stesso e la vita,
finalmente, gli sorride: esce con Sophie, ragazza-madre che abita nel
suo palazzo, si esibisce in un numero di cabaret in un locale e il
suo idolo, Murray Franklin, lo invita a partecipare al suo show in
tv.
Tuttavia,
la situazione precipita nuovamente quando Arthur, per caso, legge una
delle lettere che la madre scrive a Wayne. Apprende che Wayne è il
suo vero padre e decide che è giunto il momento di riscuotere quanto
gli spetta per essere il figlio del candidato sindaco di Gotham.
Arthur
riesce a incontrare l'uomo e a spiegargli chi è, tuttavia il suo
entusiasmo viene raggelato con le inaspettate rivelazioni di Wyane:
Penny aveva disturbi mentali e adottò Arthur nella speranza di farlo
passare per figlio illegittimo di Wayne e avere un tornaconto
economico. Ma non è tutto: indagando sul passato della madre, Arthur
scopre che fu internata in manicomio e, in seguito, permise al suo
fidanzato di abusare di lui. Chi non sarebbe sconvolto dopo aver
appreso questo sulla propria madre?
Eppure,
il regista riesce a insinuare un dubbio sulla veridicità dei fatti:
e se Arthur fosse veramente il figlio illegittimo di Wayne e Penny
fosse stata internata per insabbiare l'accaduto? Se così fosse,
Joker e Batman sarebbero fratellastri, uno cresciuto nell'agio e
l'altro nella povertà.
Potrebbe
essere, a mio avviso, un'ipotesi plausibile, dato che a un certo
punto la realtà e la fantasia si confondono: scopriamo che Arthur
non ha mai avuto nessuna relazione con Sophie e quindi, come facciamo
a essere sicuri che tutto quello che abbiamo visto fin'ora sia
realmente accaduto e non sia frutto dei desideri e della mente folle
di Arthur?
Quello
che è certo è che Arthur crede alla versione di Wayne e decide di
mettere in atto un folle piano da cui nessuno dovrà uscirne vivo.
Da
insicuro clown, Arthur si trasforma in Joker, spavaldo omicida dai
capelli verdi in completo rosso che gira per le strade in subbuglio
di Gotham, inseguito da poliziotti inetti che se lo lasciano
sfuggire.
La
sua trasformazione è straordinaria, e non mi riferisco solo
all'aspetto esteriore: il camaleontismo dell'espressività di Joaquin
Phoenix è da Oscar!
Joker
è ormai diretto verso la meta finale, gli studi televisivi dello
show di Franklin, il quale è ignaro che la sua fine è vicina.
Dopo
aver messo in scena un omicidio in diretta, per la gioia dello share,
Joker viene eletto a idolo delle folle in rivolta e osannato come
capo assoluto di Gotham.
Fuggito
dal manicomio in cui tentanto di internarlo, inizia così la leggenda
del Joker che tutti conosciamo.
Eppure,
non si dissolve il dubbio che possa essere tutto frutto della mente
distorta di Arthur.
Possibile
che Murray lo abbia veramente invitato al suo show? Ha davvero avuto
il coraggio di sparare ai tre damerini nella metro? La folla lo ha
aiutato a fuggire dalla polizia, osannandolo come una divinità
eretta sul cofano della volante distrutta da alcuni manifestanti
mascherati?
L'ipotesi
è avvalorata dalla scena finale, quando un'assistente sociale del
manicomio gli chiede di raccontale la barzelletta che lo fa tanto
ridere e lui le risponde che non la capirebbe. A questa parole si
alternano le immagini dell'omicidio di Wayne e della moglie in un
vicolo a opera di un manifestante mascherato da Joker, sotto gli
occhi del piccolo Bruce. Subentra poi la voce soave di Frank Sinatra
che canta That's Life accompagnando i passi che lasciano
impronte insanguinate di Joker che corre tentando la fuga dal
manicomio.
Siamo
sicuri che “il” Joker sia effettivamente Arthur Fleck?