di Irvine Welsh
2018
Uno dei miei romanzi
preferiti in assoluto è Trainspotting (1993), che considero
la mia personale pietra miliare che ha infuso in me l'amore per la
lettura (trovate qui la
recensione).
Negli anni Welsh ha
scritto diversi libri in cui, in modo più o meno diretto, ha
sviluppato le avventure e disavventure dei quattro ragazzi scozzesi
(Mark Renton, Sick Boy, Frank Begbie e Spud) protagonisti di
Trainspotting.
Eppure, nessuno di questi
sequel mi ha colpita come Morto che cammina, in cui troviamo
il quartetto, ormai cresciuto, che supera i cinquant'anni
all'anagrafe (ma non nella testa). Qui si ritrovano nella loro
purezza originaria i protagonisti, ai quali l'autore dà voce a
capitoli alterni, così da entrare in sintonia con i loro pensieri.
Lo stile di Welsh non
conosce rivali: pungente, ironico, spassoso, a tratti commovente e
nostalgico. Potrei continuare all'infinito per descrivere il romanzo
che, a mio avviso, è il degno sequel di Trainspotting.
Tutto ciò si trova
concentrato in quella che è per me la scena epica del romanzo: il
pallido Spud è sdraiato su un tavolo operatorio improvvisato in un
capannone fatiscente e abbandonato di Berlino e Sick Boy sta
guardando un video di You Tube su come eseguire un intervento
chirurgico, mentre Renton gli viene in soccorso portandogli una
batteria per tenere acceso il computer mezzo scarico.
Cosa ci fanno i tre
vecchi soci in questa situazione paradossale e, a tratti, demenziale?
Alla fine di
Trainspotting, avevamo
lasciato i quattro tossici di Leith divisi e inimicati da un affare
di soldi, con Renton in fuga col bottino da un furioso Begbie.
Ebbene, dopo molti anni,
su un volo di lusso intercontinentale un indaffarato Renton
incontrerà un abbronzatissimo e rilassato Begbie. Sembrano
lontanissimi i tempi in cui il primo provava qualsiasi tipo di droga
nei posti più fatiscenti di Edimburgo e il secondo accoltellava
chiunque osasse guardarlo negli occhi.
Renton è diventato
proprietario di un'agenzia di dj di fama internazionale e si divide
tra l'Olanda e l'America, affrontando il jet lag e i capricci dei
suoi clienti a colpi di sniffate.
L'unico veramente
maturato pare essere Begbie che, da rissoso psicopatico, si è
trasformato in acclamato e straricco artista, ammogliato a una super
bionda californiana, con la quale si è stabilito nell'assolata
Californiana, con tanto di prole. Welsh ha già avuto modo di
approfondire l'incredibile trasformazione di Frank – che ora si fa
chiamare Jim Francis – dedicandogli il romanzo L'artista del
coltello (2016).
Nel frattempo, in quel di
Edimburgo, ritroviamo l'incorreggibile Sick Boy, tornato in città
per le feste natalizie. Il cinico Simon Williamson non se la passa
male: come sempre amante del gentil sesso, è ora proprietario di
un'agenzia di escort e vive a Londra, dove frequenta i posti più
esclusivi. Gli basterà tornare a casa dalla famiglia per creare
scompiglio e rovinare in un attimo il matrimonio di sua sorella.
Lo scherzo che gioca al
cognato innescherà una serie di conseguenze che coinvolgeranno i
tipi più loschi di Leith e porteranno il povero Spud – ormai
ridottosi a tossico mendicante – con le budella al vento in quel di
Berlino.
Nonostante i quattro
conducano ormai vite completamente diverse e a chilometri di
distanza, la cara vecchia Edimburgo li attira a sé e li risucchia,
restituendoli trasformati e con il vecchio incomprensibile accento.
Insomma, il marchio dei bassifondi di Leith è indelebile.
Leggendo il romanzo ci si
chiede se sia veramente tutto come sembra, e non si può essere
esenti dal fare continui paragoni tra i protagonisti così come sono
adesso e come ce li ricordavamo in Trainspotting. Bisogna
arrivare alla fine di Morto che cammina per capire quale dei
quattro storici amici-nemici è davvero cambiato e chi, invece, è
rimasto lo stesso.
Il romanzo è ricco di
colpi di scena e gli intrecci delle vicende sono ben congeniati. La
storia è un concentrato di emozioni: a tratti fa ridere, mentre
altrove fa provare nostalgia dei vecchi tempi, oppure fa arrabbiare
per gli stessi errori in cui i protagonisti ricascano come ai tempi
di Trainspotting.
Il finale aperto mi
lascia sperare che un giorno Irvine Welsh possa scrivere ancora dei
quattro ragazzacci di Leith. Incrocio le dita!
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