giovedì 24 dicembre 2015

Non conventional Christmas movies



Non conventional Christmas movies, ovvero i miei film natalizi preferiti di sempre, ma nei quali il Natale non porta allegria come da copione. Anzi, l’atmosfera natalizia non fa che rendere la storia ancor più angosciante e oscura. 


L’esempio migliore è certamente Eyes Wide Shut (1999) di Stanley Kubrick. Il film affronta i lati negativi del matrimonio (tradimento, infelicità, gelosia) attraverso una ricca coppia newyorkese, proprio durante le festività natalizie. I toni della storia, che è già di per sé piena di eventi tragici ed estremi, sono esasperati dall’uso sapiente delle immagini, nelle quali le luci natalizie sullo sfondo contribuiscono a rendere l’ambiente freddo e asettico, anziché caldo e accogliente.
Ovviamente questa atmosfera è solo uno sfondo all’azione, ma ben si integra con le vicende, per certi versi inverosimili, che coinvolgono il giovane e brillante medico, Bill Harford (Tom Cruise) e sua moglie Alice (Nicole Kidman). Proprio durante una festa natalizia a casa del potente Victor Ziegler, Bill sarà coinvolto nella morte sospetta di una giovane prostituta. E questo sarà solo l’inizio di una serie di eventi che lo porterà a mettere in discussione la sua vita coniugale e l’amore per Alice. La donna, dal canto suo, confessa al marito di aver pensato di tradirlo tempo prima, durante una vacanza, senza però farlo veramente. Bill, in reazione a questa rivelazione, si lascia tentare da una prostituta incontrata una notte mentre è in visita da un paziente, ma senza nulla fatto, interrotto da una telefonata della moglie che gli chiede di tornare a casa presto. Bill, tuttavia, vaga solitario e smarrito per le strade di Greenwich Village e grazie a un vecchio amico si ritrova, dopo una serie di incontri sconcertanti e bizzarri, in una lussuosa villa ad una festa in maschera dove sono in corso orge e riti di iniziazione con sacerdote e baccanti nude.  
Scoperto come intruso e salvato da una ragazza che si sacrifica per lui, l’indomani Bill apprende dai giornali della morte misteriosa di una giovane. Convinto che si tratti della stessa che lo ha salvato la notte prima, Bill inizia a indagare ma viene messo in guardia da Ziegler di restarne fuori e di dimenticare quanto visto nella villa.
Nella scena finale – forse una delle più sconcertanti della storia del cinema – Bill e Alice sono con la figlioletta al centro commerciale per i regali di Natale e, in un’atmosfera gioiosa di luci, festoni e bambini eccitati, Alice conclude che quello che rimane da fare per salvare il loro matrimonio è (cito testualmente) «scopare». Con questa frase, che arriva inaspettata, cala il silenzio sullo spettatore, che rimane basito per una frase così esplicita che risulta stridente e inadeguata all’atmosfera di festa e alla presenza dei bambini. 


Un film a tema natalizio e dalle tinte gotiche è invece Edward mani di forbice (1990) di Tim Burton. La capacità creativa di questo regista si commenta da sola in ogni film che dirige. Ormai il suo nome è sinonimo di una certa tipologia di storie, principalmente a carattere “dark”, e costellate da personaggi fantasiosi e magici.
La storia ha inizio quando un’anziana donna racconta alla nipotina l’origine della neve nella loro città. Peggy Boggs, rappresentante di cosmetici in cerca di nuovi clienti, girovagando per le strade della perfetta cittadina che incarna lo stereotipo americano, si avventura nel castello in cima a una collina e qui vi trova uno strano ragazzo: è Edward (Johnny Depp), metà uomo e metà macchina. È stato creato da uno scienziato, che è però morto prima di completare la sua opera. Edward, infatti, è privo di mani umane, al posto delle quali ha enormi e affilate cesoie.
Peggy, dall’animo buono e caritatevole, decide di portare Edward a casa e farlo vivere insieme alla sua famiglia. La donna cercherà di insegnarli a vivere insieme agli altri e a rispettare le regole della società civile. Con il tempo il vicinato, costituito soprattutto da donne false e pettegole, impara ad accettare Edward, che si scopre prima abile a scolpire statue di ghiaccio e poi nel tagliare i capelli. Divenuto l’idolo delle massaie, Edward decide di aprire un negozio di parrucchiere ma i suoi progetti si sgretolano perché verrà coinvolto dal fidanzato di Kim (Winona Ryder), la figlia di Peggy e della quale Edward è innamorato, in un furto. Un tempo osannato come genio delle acconciature, ora Edward viene additato come “diverso” e pericoloso.
Sarà Kim a metterlo in salvo, riconducendolo al suo castello. Kim farà credere ai cittadini che Edward è morto, così che possa vivere al sicuro lontano dall’odio della gente. Saprà sempre che il ragazzo è vivo e sta bene perché ogni anno, a Natale, Edward scolpisce blocchi di ghiaccio e i fiocchi di neve che cadono sulla cittadina, nella quale non aveva mai nevicato prima, arrivano proprio dallo sforbiciare delle sue “mani” laboriose sul ghiaccio.
La voce narrante dell’anziana donna si scopre così essere quella di Kim che, ormai vecchia, non ha più rivisto Edward.

Ancora Tim Burton in un’altra storia a tinte natalizie. Non si tratta però di attori in carne e ossa, bensì di un film di animazione in motion picture, ovvero con pupazzi mossi a mano fotogramma per fotogramma. Si tratta di Nightmare Before Christmas (1993), la cui storia è stata ideata da Burton e diretta da Henry Selick.
In questo film d’animazione si intrecciano la festa del Natale e quella di Halloween. Jack Skeleton è il re delle zucche e vive nel mondo di Halloween, abitato da bizzarre creature, mostri e fantasmi. In questo mondo si trascorre l’intero anno occupandosi dei preparativi per la festa di Halloween. Jack però si annoia e, vagando nel bosco, trova diverse porte, ciascuna delle quali conduce a un altro mondo. Ci sono il mondo della Pasqua, del Giorno del Ringraziamento e quello del Natale.
Scoperto il mondo del Natale e la magnificenza dei preparativi di questa festa, Jack decide che anche nel suo mondo si dovrà festeggiare il Natale. Gli abitanti di Halloween seguono le direttive di Jack, ma il risultato non è quello sperato perché in questo mondo nessuno riesce a cogliere il vero spirito della festa natalizia. Non solo: fraintendendo gli ordini di Jack, alcuni mostri rapiscono Babbo Natale, il quale viene tenuto in ostaggio da una creatura maligna che vuole ucciderlo.
Dopo una serie di peripezie Jack riuscirà a liberare Babbo Natale e a garantire al mondo degli umani la festa più attesa dell’anno. E, finalmente, imparerà cosa sia lo spirito del Natale.
Nightmare Before Christmas nasce in realtà come poesia illustrata, che Tim Burton aveva realizzato per la Disney, la quale però rifiutò il progetto a causa delle tinte gotiche. Fortunatamente Burton non ha rinunciato al progetto e ha trovato il modo di dargli nuova vita in motion picture. Jack Skeleton, riconoscibile dalla sua silhoutte algida e il testone a forma di teschio, diventa poi un simbolo ricorrente di molti altri film del regista: da Il mistero di Sleepy Hollow (1999) a La fabbrica di cioccolato (2005) ad Alice in Wonderland (2010), Jack compare sottoforma di apparizione – ad esempio lo spaventapasseri di Sleepy Hollow – o di motivo decorativo – ad esempio sul cravattino del Cappellaio Matto.

Il profumo: dal libro di Patrick Süskind al film di Tom Tykwer


Il profumo (1985) di Patrick Süskind è un romanzo drammatico e cruento che racconta la tormentata vita del giovane e solitario Jean-Baptiste Grenouille, nella Francia del Settecento.
La narrazione è particolare perché l’autore esalta al massimo le descrizioni olfattive, che arrivano dal naso del protagonista, piuttosto che quelle visive a cui il lettore è di solito abituato.
Sia Martin Scorsese che Stanley Kubrick si sono interessati alla singolare storia ma non sono riusciti a ottenere i diritti cinematografici, che Süskind ha concesso solo nel 2001 al regista Tom Tykwer, il quale ha girato il film dal titolo Profumo – Storia di un assassino, uscito nel 2006.
Il protagonista è appunto Jean-Baptiste (Ben Whishaw nel film), un ragazzo povero la cui esistenza è segnata dalla malasorte fin dalla nascita: la madre, una pescivendola parigina, lo dà alla luce sotto il banco del pesce al mercato e lo abbandona tra i rifiuti. Il neonato sopravvive e la madre viene impiccata con l’accusa di infanticidio. Jean-Baptiste viene affidato all’orfanotrofio dell’avida Madame Gaillard che, dopo anni, lo vende al proprietario di una conceria.
Sempre solo, indifferente agli altri e immune ai sentimenti, il piccolo lavora come uno schiavo fino all’adolescenza. Jean-Baptiste è però dotato di un dono, che è anche una condanna: possiede una fortissima sensibilità agli odori altrui ma non percepisce il proprio odore, e questo lo rende incapace di provare emozioni. Crescendo, imparerà a potenziare il suo dono e a distinguere gli odori e discernere i profumi dagli olezzi di una Parigi sommersa dai rifiuti. 
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domenica 13 dicembre 2015

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino: dal romanzo di Christiane F. al film di Uli Edel


Ero adolescente quando ho letto il romanzo biografico Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (1979) di Christiane F. E, come la maggior parte della critica e del pubblico, sono rimasta molto colpita dall’esperienza cruenta di tossicodipendenza narrata dalla protagonista, Christiane per l’appunto. Poco più che bambina, Christiane inzia infatti a fare uso di droghe sintetiche a dodici anni e a tredici anni risale la sua prima dose di eroina, la cui dipendenza la spingerà alla prostituzione per procurarsi la dose giornaliera.
Il romanzo nasce da un’intervista condotta da due giornalisti del settimanale tedesco Stel, che hanno intervistato Christiane nel 1978 in merito a un processo per adescamento e abuso di minori a carico di un uomo e nel quale la ragazza è coinvolta. Il racconto di Christiane viene pubblicato a puntate sulla rivista e l’anno successivo diventa un romanzo, con grande successo di pubblico. Viene anche trasposto al cinema, con omonimo titolo, nel 1981, diretto da Uli Edel.
Cliccando qui trovate l'articolo intero sulla storia di Christiane F. (che ho scritto per la rivista Libreriamo) e sulle notizie recenti che si hanno di lei.