mercoledì 1 aprile 2020

LA MIA VITA DA ZUCCHINA



di Claude Barras
2016

Preparate i fazzoletti perché questo film d'animazione vi farà sicuramente commuovere. Dura poco più di un'ora, ma il prezioso capolavoro di Claude Barras è un vero toccasana per l'anima.
Le atmosfere e le fattezze dei personaggi create da Barras, che utilizza la tecnica stop-motion, ricordano molto i lavori di Tim Burton, come The Nightmare Before Christmas (1993) e Frankenweenie (1984).
L'impatto visivo è notevole: anche se gli ambienti sono cupi e grigi, ci pensano i colori sgargianti con cui sono fatti i personaggi a rallegrare e dare speranza.
Protagonista di questa storia è un bambino di nome Icare, che si fa chiamare da tutti “Zucchina”, nomignolo che gli è affibbiato dalla madre. La donna passa le giornate a bere birra davanti alla tv, mentre Zucchina gioca nella sua tetra cameretta con gli unici oggetti che possiede: un aquilone, su cui ha disegnato la sagoma del padre (che se ne è andato, abbandonandolo), e le lattine di birra vuote che la madre getta a terra e che il piccolo utilizza per fare costruzioni.
Nonostante la pessima situazione in cui è costretto a vivere, Zucchina, come ogni altro bambino farebbe, vuole bene sia alla madre che al padre assente.
A seguito di un incidente, il piccolo rimane però solo al mondo e viene mandato in una casa-famiglia, con la promessa da parte del poliziotto che ha seguito il suo caso di andare a trovarlo regolarmente.
Nella struttura si vive modestamente, eppure Zucchina può contare sul buon cuore e la gentilezza della direttrice e della coppia di insegnanti che vivono lì.
Poco per volta, il piccolo Zucchina imparerà a conoscere gli altri bambini ospiti, non senza qualche difficoltà iniziale. Come chiunque abbia subìto un trauma o sia stato maltrattato, ciascun piccolo ospite guarda con curiosità e timore il nuovo arrivato e, dal canto suo, anche Zucchina all'inizio fatica a capire alcuni comportamenti dei suoi compagni.
Poco per volta, i bambini si aprono al nuovo arrivato, che inizialmente appare ai loro occhi un po' strano poiché stringe in mano il suo aquilone e una lattina di birra dicendo che sono tutto quello che possiede di suo padre e sua madre.
Alla malinconia di Zucchina si somma il racconto delle tristi vicende che hanno portato ogni piccolo ospite nella struttura: chi ha i genitori tossicodipendenti, chi in prigione e chi rimpatriati al Paese d'origine, chi, ancora, ha subìto abusi.
Il loro passato familiare condiziona il loro presente: Béatrice, che corre alla porta speranzosa che la madre sia venuta a prenderla ogni volta che sente un'auto arrivare, oppure Alice che ha gesti ossessivo-compulsivi e nasconde coi capelli una cicatrice in volto per le violenze subite dal padre, o ancora Simon che tende a essere prepotente.
Zucchina sembra finalmente trovare un po' di serenità: il buon poliziotto gli fa visita regolarmente, il gruppo dei compagni si fa affiatato e arriva una nuova bambina nella struttura, Camille (con un passato terribile alle spalle), che fa breccia nel cuore del piccolo protagonista.
Quando però Camille verrà portata via da una perfida zia, che la vuole con sé solo per percepire dei soldi, Zucchina e i piccoli amici escogiteranno un piano per salvarla e che porterà Zucchina e Camille stessi a un lieto fine inaspettato.
C'è un persistente alone di tristezza che caratterizza tutto il film e che fa provare dispiacere per tutti i piccoli abitanti della casa-famiglia, poiché non ci sono sconti per nessuno, non importa quanto piccoli siano. Mai il lieto fine è così atteso come per questa storia, che lascia comunque la speranza, racchiusa nell'intelligenza e nel candore dei bambini.
I momenti più commoventi sono alleggeriti da scene divertenti, soprattutto quando i piccoli ospiti discutono e danno opinioni su cosa succede agli adulti quando fanno sesso e sull'anatomia femminile e maschile. Nessuna favoletta della cicogna: questi bambini sono pratici e concreti e non usano giri di parole come magari farebbero altri cresciuti sotto una campana di vetro. In tal senso, un plauso al regista per aver affrontato in questa maniera il tema della sessualità.
La mia vita da zucchina è stata realizzato impiegando due anni di preparazione e lavoro, otto mesi di riprese fatte in sessanta set e con oltre cinquanta pupazzi fatti a mano con la plastilina.
Questo lavoro è valso due prestigiose nomination come miglior film d'animazione, una per gli Oscar e una per i Golden Globe.
Un film d'animazione che consiglio a tutti, soprattutto ai grandi.