lunedì 18 settembre 2017

CAPTAIN FANTASTIC

di Matt Ross
USA, 2016

Mi aspetto sempre molto dalle interpretazioni di Viggo Mortensen, uno degli attori che ultimamente apprezzo molto. Ha interpretato in maniera convincente molti ruoli, dando prova di grande camaleontismo: un padre di famiglia dall'oscura identità in A History of Violence (2005, di David Cronenberg), il padre fondatore della psicoanalisi – ovvero, Sigmund Freud – in A Dangerous Method (2011, sempre di David Cronenberg) e un pluri-tatuato criminale russo in La promessa dell'assassino (2007, nuovamente diretto da David Cronenberg).
E questi sono solo alcuni, tra i miei film preferiti. Anche in Captain Fantastic, Viggo Mortensen si veste di un ruolo assai ambiguo e controverso, non certo da “buono”: interpreta Ben Cash, devoto marito e padre di famiglia di cinque ragazzi sani e intelligenti (Bodevan, Kielyr, Vespyr, Rellian, Zaja e Nai). L'originalità dei nomi dei figli è un indizio della stravaganza che caratterizza questa famiglia, perché quella di Ben non è sicuramente una famiglia “normale”. Per capirlo, basta guardare la prima scena del film: Bodevan, il figlio maggiore, uccide a mani nude un alce nel bel mezzo di un bosco, ammirato dai fratelli e dal padre per aver degnamente concluso la prova del rito di passaggio all'età adulta.
Ebbene, Ben e i figli vivono in una casa-capanna dispersa nel verde dello Stato di Washington, completamente isolati dal resto del mondo. Leslie, la moglie, è ricoverata in ospedale per problemi mentali e Ben si occupa dei figli attraverso un rigido programma educativo, che prevede lo studio – anche per i più piccoli della famiglia – delle opere dei grandi pensatori marxisti e prove fisiche estreme, come scalare una parete di roccia sotto l'acqua (e con una caviglia rotta).
Ben ha le idee molto chiare: il suo obiettivo è preparare i figli ad affrontare i pericoli della vita sottoponendoli a duro esercizio fisico e affinando il loro intelletto. E, tuttavia, questi figli non sanno nemmeno cosa sia la vita al di fuori del bosco: sono capaci di procacciarsi la cena a mani nude e di citare a memoria gli emendamenti della Costituzione americana, ma non si sono mai relazionati con nessuna persona al di fuori della famiglia.
Come prevedibile, ecco che all'improvviso gli eventi conduco a una svolta: Leslie si suicida e Ben e i figli vogliono partecipare al suo funerale, organizzato dai genitori di lei, i quali – sorpresa! – detestano il genero e lo incolpano della malattia e del suicidio della figlia.
Ben si sente pronto ad affrontare i suoceri, che gli hanno proibito di partecipare al funerale, per sottrarre il corpo della moglie e bruciarlo e disperderne le ceneri, come da sue volontà. Così, questo uomo burbero e rigido carica su un pulmino i figli e parte alla volta del Nuovo Messico, attraversando numerosi Paesi e città. Per i cinque ragazzi si tratta di un'avventura avvincente che offre loro l'opportunità di vedere per la prima volta un hamburger, una bottiglia di Coca-Cola, un supermercato e tutti quei luoghi e oggetti simbolo del consumismo americano. Inoltre, il viaggio è per loro un'opportunità per conoscere le persone e relazionarsi con loro.
Il padre, invece, reputa il viaggio un difficile percorso a ostacoli composto da diverse prove da superare, cercando di farlo apparire ai figli come una eccezione alla loro “normalità”. Ben, insomma, inconsciamente teme che questa esperienza possa ammaliare i figli, temendo che possano abbandonare la loro vita frugale nei boschi, attirati dal consumismo e dalle comodità della società.
È in Bodevan, il maggiore, che qualcosa si incrina: dopo aver sperimentato una giornata da adolescente “normale”, innamorandosi di una coetanea, il ragazzo inizia a capire che al di fuori del bosco in cui è relegato c'è un mondo di opportunità (compresa l'università) che lo aspetta e inizia a dubitare sull'operato del padre, che con la sua ferrea educazione gli ha impedito di sapersi relazione con la gente.
Dopo un viaggio avvincente, la famiglia arriva a destinazione e per Ben giunge il momento di affrontare il suocero. La posizione di questi è netta: impedisce a Ben di prendere parte al funerale della moglie e lo minaccia di farlo arrestare e di allontanarlo dai figli. Dai piccoli dettagli si può intuire che la famiglia di Leslie è benestante e, forse, si sia fatta trascinare per amore da Ben nella sua folle impresa di vivere nei boschi, a stretto contatto con la natura. Tutto questo lo si può solo desumere, in quanto è la versione dei genitori della donna. Di Ben, in effetti, non si sa assolutamente nulla: non un indizio, nemmeno un minimo flash-back, che indichi il passato o la storia dell'uomo, la sua vita precedente e cosa lo abbia spinto ad abbandonare la società e vivere isolato.
A questo punto la tensione è all'estremo e Ben sarà costretto a prendere una decisione per salvaguardare il futuro dei figli, reo confesso di non essere stato capace di venire a compromessi e aver dato ai figli una vita equilibrata.
Il film è intenso, le immagini dei paesaggi americani sono stupende, l'interpretazione di Viggo Mortensen è credibilissima (l'attore ha studiato i libri dei grandi filosofi che il suo personaggio osanna), così come quella dei cinque ragazzi, che si sono preparati per le riprese allenandosi in un parco avventura per apprendere le tecniche di sopravvivenza nei boschi.