martedì 26 luglio 2016

Mary Poppins, la magia dell’infanzia da Pamela Travers a Walt Disney


Abbandonare ogni sorta di senso logico e non imporsi limiti alla fantasia, ecco lo spirito giusto con il quale guardare il film-musical Mary Poppins (1964) di Robert Stevenson se si è già adulti.
Ricordo di aver guardato questo film una volta, da piccolina, su una videocassetta a casa di una cuginetta, poiché a casa mia – udite udite – non esistevano videoregistratore e vhs e la tv la si guardava di rado. Eppure sono sopravvissuta e sono cresciuta comunque senza traumi pur non essendomi sorbita tutti i film di Walt Disney come i miei coetanei.
È vero, le favole targate Disney sono abbastanza stereotipate e, per i miei gusti, ci sono troppe principesse in rosa. Quando ero piccola, addosso a me un vestitino elegante si sarebbe subito sporcato e nessuna acconciatura con fiocchi sarebbe durata più di un minuto.
Confesso che adesso, ormai adulta, non disdegno però di guardare qualcuno di questi cartoni animati o film Disney per capire che cosa mi sia persa durante l’infanzia.

Uno di questi è appunto Mary Poppins, del quale ho scoperto alcune informazioni curiose riguardandolo poco tempo fa. La famosissima super-tata londinese nasce dalla penna della scrittrice inglese Pamela Lyndon Travers, di origini australiane, che aveva creato il personaggio di Mary Poppins per donare un po’ si svago a se stessa e alle sorelline, alleviando così il clima teso nel quale vivevano a causa dei problemi di salute della madre.
Per continuare la lettura delle avventure di Mary Poppins, cliccate qui, di rimando allo rivista Libreriamo..

lunedì 11 luglio 2016

About a boy, quando crescere è un gioco di squadra. Dal romanzo di Nick Hornby al film dei fratelli Weitz

Nick Hornby è uno scrittore poliedrico e di talento che, grazie ai suoi romanzi, riesce a trasmettere emozioni profonde del quotidiano, nelle quali il lettore riesce a riconoscersi.
Hornby, il cui successo letterario inizia con Febbre a 90° (1992), sconfina anche nel mondo della musica e del cinema. Ha scritto saggi sulla musica pop e ha composto le canzoni per l’album Lonely Avenue di Ben Folds.
Ha partecipato in veste sceneggiatore in alcuni film, tra cui Wilde (2014) di Jean-Marc Vallée. Non solo: ha sempre contribuito alla sceneggiatura dei numerosi adattamenti cinematografici dei suoi romanzi: Alta fedeltà con John Cusack e L’amore in gioco con Jimmy Fallone e Drew Barrymore (tratti entrambi da Alta fedeltà, 1995), Non buttiamoci giù con Pierce Brosnan, tratto dall’omonimo romanzo del 2005.
I suoi romanzi incontrano sempre grande favore di pubblico, ed è forse per questo motivo che vengono spesso portati sul grande schermo. Con sensibilità, ironia e realismo Hornby crea storie e personaggi ai quali è difficile non affezionarsi. Esattamente quanto succede per una delle storie più conosciute di Hornby: About a Boy del 1998 e trasposto al cinema dai fratelli Weitz nel 2002.
Il romanzo About a Boy ha venduto più di un milione di copie, diventando così uno dei romanzi più venduti nel Regno Unito, patria dello scrittore.  
About a boy (in italiano tradotto con il titolo Un ragazzo) narra le vicende dell’incontro inaspettato tra due persone, Will, scapolo impenitente, e Marcus, un ragazzino chiuso in se stesso, e dell’amicizia che nascerà tra loro e che, poco per volta, diventerà un rapporto pari a quello tra fratello maggiore e minore – se non tra padre e figlio.
Per proseguire la lettura della storia di Will e Marcus sulla rivista Libreriamo, cliccate qui..  

Julieta, storia di una donna da Alice Munro a Pedro Almodóvar


L’atteso film di Pedro Almodóvar – ispirato a tre racconti della raccolta In fuga (2004) del Premio Nobel Alice Munro – è finalmente nelle sale cinematografiche e io, da amante di questo regista, mi sono fiondata a vederlo. E, quando vai a vedere un suo film, sai già cosa ti aspetta: storie di donne, storie di solitudine, relazioni complicate e uno scavare profondo nell’anima dei personaggi.
Tuttavia, Almodóvar riesce sempre a stupire proponendo delle storie che non annoiano, caratterizzate da sorprese e colpi di scena. Inoltre, a mio parere, la calda e confortevole ambientazione latina delle vicende favorisce l’immedesimazione nei personaggi, che paiono molto più vicini rispetto a quelli interpretati dai divi hollywoodiani.
E pensare che inizialmente, nel 2009 (anno in cui Almodóvar acquistò i diritti di In fuga), per la parte di Julieta era stata scritturata Meryl Streep e il regista aveva pensato di girare le scene tra il Canada (dove sono ambientati i racconti di Alice Munro) e New York. Ma il regista, poco propenso a scrivere una sceneggiatura in inglese, abbandonò l’idea e per anni accantonò il progetto del film.
Tempo dopo, spinto dai suoi collaboratori, Almodóvar decide di rimettere mano al lavoro ma di ambientare la storia in Spagna, a Madrid, di scrivere la sceneggiatura nella sua madrelingua e scritturare attrici spagnole, meno note al grande pubblico internazionale.
Almodóvar scrive la storia di Julieta ispirandosi a tre dei racconti presenti nella raccolta In fuga: Fatalità, Fra poco e Silenzio. Inizialmente decide di intitolare il suo lavoro Silencio (Silence in inglese) ma, in post-produzione, cambia idea per evitare che venga confuso con Silence di Martin Scorsese, anch’esso in uscita nel 2016. L’opera ultimata prende il titolo dal nome della protagonista, Julieta per l’appunto.

Julieta (Emma Suàrez nel film) è una donna di mezza età che vive a Madrid e sta per trasferirsi in Portogallo con il fidanzato. È tutto pronto per la partenza e ogni oggetto di casa sua è imballato negli scatoloni. Julieta sembra decisa ad abbandonare per sempre Madrid, una città piena di dolorosi ricordi e dove ha passato parte della sua vita.
Per scoprire l'intera vicenda di Julieta, cliccate qui per proseguire la lettura sulla rivista Libreriamo..