mercoledì 19 luglio 2017

PASTO NUDO

di William S. Burroughs
1959

Quello che ho appena chiuso è uno dei libri più impegnativi che abbia mai letto. Pasto nudo entra di diritto nella mia lista personale di libri “difficili” e al tempo stesso unici e toccanti, facendo compagnia ad Arancia meccanica (1962) di Anthony Burgess, Paura e disgusto a Las Vegas (1971) di Huter S. Thompson, L'innocenza delle caramelle (1954) di Tennessee Williams e Sulla strada (1951) di Jack Kerouac.
E proprio Kerouac avrebbe convinto l'amico Burroughs a pubblicare l'opera, che nasce come un insieme di pensieri deliranti messi nero su bianco. Si dice che Kerouac abbia trovato Burroughs a terra, ricoperto di fogli, in stato di delirio e, una volta lette tutte le pagine, lo abbia convinto a pubblicarle in forma di romanzo.
Nasce così Pasto nudo, un'opera che ha reso immortale Burroughs non solo tra gli autori della cerchia della Beat Generation (che lo hanno eletto a loro padre spirituale) ma anche nell'intera letteratura.
Burroughs, in un post scriptum, spiega il significato del titolo: «Pasto NUDO – l'istante, raggelato, in cui si vede quello che c'è sulla punta della forchetta». Il titolo è stato scelto da Kerouac.
Tra gli amici legati alla Beat Generation, spicca soprattutto Allen Ginsberg, con il quale Burroughs ebbe una relazione. Nonostante la sua aperta omosessualità, l'autore si sposa due volte e ha un figlio. Si sposa una prima volta per fare ottenere un visto a un'amica e una seconda volta con una donna con la quale ha in comune la tossicodipendenza.
Quella di Burroughs non è stata una vita facile: viene allontanato dalla famiglia (che lo ha comunque sempre mantenuto); è costretto a vivere nei tuguri delle grandi città americane in preda al delirio da astinenza per la maggior parte del tempo, senza lavarsi anche per molti mesi di fila e vivendo in una dimensione temporale scandita solo dalla ricerca della prossima dose.
Credo che sia importante soffermarsi sulla condizione di vita di questo scrittore per cercare di capire, per quanto possibile, Pasto Nudo. Il romanzo è infatti un delirio totale in cui l'autore esprime le immagini confuse che popolano la sua mente di tossico. È molto difficile, a tratti frustrante, leggere queste pagine senza capirne totalmente quello che Burroughs racconta. Si è costretti a tornare indietro a rileggere alcuni passi, poiché si è sicuri che ci sia un certo personaggio che compie determinate azioni e poi, all'improvviso, ci si ritrova, senza sapere come, in un'altra situazione.
Come se non bastasse, a dare del filo da torcere anche al lettore più attento c'è anche la tecnica di scrittura definita cut-up: il testo scritto – già di suo delirante – viene fisicamente tagliato e le singole parti vengono quindi mischiate e rimesse insieme in ordine sparso. Il risultato è un testo dalla forma sconnessa e senza logica.
L'impenetrabilità di Burroughs non deve però scoraggiare. Le parole sono poesia e, nonostante si racconti di droga, astinenza, sofferenza e vita di strada, il linguaggio con cui l'autore scrive è così aulico che si scontra con la “bassezza” dei temi trattati. 
Nei momenti di massimo delirio Burroughs racconta di due stati immaginari, Anexia e Terra Libera, in cui la popolazione vive nel degrado in tanti appartamenti-tuguri in cui ricevono visite improvvise dalle autorità e delle forze dell'ordine. La gente vive sotto controllo e sotto stretta osservazione da parte delle forze sociali, controllate da ministeri autoritari, come una sorta di 1984 alla George Orwell. Ma, forse, questo non è il delirio di un tossico, quanto piuttosto una forte critica che l'autore muove alla società americana.
In numerosi punti del romanzo, stupisce molto come al delirio puro si alternino fasi di descrizione lucida per spiegare al lettore le varie tipologie di droghe e gli effetti che hanno sul fisico e sugli organi del corpo. Burroughs, che si è praticamente fumato, sniffato e iniettato qualsiasi tipo di droga e sostanza chimica, spiega, in una lunga nota, anche tutti i tipi di cure che nei decenni ha provato per disintossicarsi.
William Burroughs ha lasciato il segno nella letteratura mondiale, diventando un punto di riferimento, non solo per gli autori a lui contemporanei della Beat Generation, ma anche per quelli successivi. Ha inoltre partecipato come comparsa in un videoclip degli U2 e in alcuni film, come Drugstore Cowboy (1989) di Gus Van Sant (film che ho visto di recente e in cui, ammetto, ho guardato a Burroughs con una sorta di reverenza quando, nella parte finale del film, appare nei panni di un vecchio prete tossicodipendente – ma tu sai che dietro quel nonnino gracile e ingobbito si cela la mente di un folle che ha segnato un'epoca della storia della letteratura).


Nessun commento:

Posta un commento