venerdì 11 novembre 2016

Indiana Jones, archeologo avventuriero. Dalla saga di Spielberg al mercato editoriale



Indiana Smith, questo il nome inizialmente pensato per l'archeologo del grande schermo famoso in tutto il mondo. Poi, George Lucas (l'autore) e Steven Spielberg (il regista) ci hanno ripensato e hanno deciso di battezzarlo Indiana Jones.
Tom Selleck, invece, l'attore scelto per la parte. Almeno, all'inizio. Selleck è vincolato dal contratto per la serie tv che sta girando, Magnum P.I., quindi non può recitare per altre produzioni. Si opta allora per l'emergente Harrison Ford, lo Ian Solo di Guerre Stellari, di cui Lucas è ideatore e regista.
Un uomo rude ma di bell'aspetto, eroe umano con alcuni difetti, cinico e disincantato quanto basta, colto professore poliglotta e avventuriero archeologo, cacciatore di reperti mitici. Cappello, frusta e tracolla sono gli accessori che lo indossa per sconfiggere il cattivo di turno. Il tutto condito con l'inconfondibile leitmotiv curato da John Williams. Gli ingredienti per una saga di successo ci sono tutti, tanto che a oggi siamo a quattro film: I predatori dell'arca perduta (1981), Indiana Jones e il tempio maledetto (1984), Indiana Jones e l'ultima crociata (1989) e Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (2008).
Vi dico già da subito che chi scrive è una purista della serie, che rimarrà nella mia mente una trilogia: associo difficilmente il quarto capitolo della saga ai primi tre episodi, perché da piccola sono cresciuta a “pane e Indiana Jones” e quindi per me Indiana non può invecchiare. Ho visto e rivisto una quindicina di volte circa ciascuno dei primi tre film, mentre il quarto solo due volte e non mi cattura come i suoi predecessori.
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