lunedì 28 novembre 2016

Suite francese, il nazismo, la guerra e la fuga raccontati da Irène Némirovsky



Il romanzo che ho tra le mani, e che ho appena finito di leggere, viene da molto lontano. Quest'opera è frutto della vita travagliata e al contempo brillante di una donna di grande intelletto. Il manoscritto ha attraversato la Seconda Guerra Mondiale ed è rimasto chiuso in una valigia per decenni, finché la figlia dell'autrice si è decisa ad aprirla per visionarne il contenuto.
Si tratta di Suite Francese di Irène Némirovsky (1901-1942). Figlia di un ricco banchiere ebreo di Kiev, Irène passerà l'infanzia tra una vita agiata e numerose fughe (dall'Ucraina alla Russia, dalla Finlandia alla Svezia e, infine, la Francia) a causa dei Soviet che perseguitarono il padre.
Trova una stabilità a Parigi, dove si laurea alla Sorbona, iniziando a scrivere, giovanissima, racconti e romanzi. Introdotta nei salotti letterari francesi, donna colta e poliglotta, sposerà un ingegnere russo e si convertirà al cattolicesimo. Diviene una scrittrice in lingua francese affermata e riconosciuta, ma questo non le basterà per ottenere la cittadinanza francese, che il governo Vichy della Francia occupata dai nazisti le rifiutò.
Sarà vittima, come migliaia di ebrei, delle leggi antisemite e costretta a portare la stella gialla cucita sugli abiti. Subirà la censura e le sue opere non saranno più pubblicate. Il tragico epilogo, nell'estate del '42, quando sarà deportata ad Auschwitz, dove morirà, probabilmente per malattia, il 17 agosto. Analoga sorte per il marito, che verrà deportato in ottobre nello stesso campo di sterminio e ucciso nelle camere a gas. La coppia riesce a salvare le due figlie, Denise ed Elisabeth, affidandole a una coppia di amici e cambiando loro identità.
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